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17 nov 2011

La selezione

Il Censis, fotografo e interprete della situazione italiana da circa mezzo secolo, fino a pochi anni fa era sotto la guida del sociologo cattolico De Rita. Oggi  passato  a una direzione forse non così carismatica ma altrettanto efficace con  Giuseppe Roma, ci racconta che Università e lavoro corrono su binari paralleli ma quasi mai convergenti.  Perché fanno politica di offerta e non di domanda,  scegliendo (quando scelgono) le linea formative senza guardare al mercato, perchè il 3 + 2 non ha professionalizzato nessuno del primo triennio. Perchè non trovano un accordo con gli ordini professionali per i tirocinii. Ci illustra, inoltre, perché le Università non sfiorano neanche la media classifica mentre i ricercatori italiani all'estero sono spesso ai primi posti. Possiamo aggiungere che le Università,  circa novanta, sono il triplo di quelle di cui avremmo bisogno con un numero alto e spesso non giustificato di altre sedi e cattedre.  Che le carriere hanno la stessa rigidità dell'acciaio e chi è dentro non uscirà mai e chi è fuori non entrerà  mai più. Visto che la conoscenza non ha mai corso così forte  nel mondo e i risultati non sono mai stati così verificabili come oggi  forse anche i professori dovrebbero fare qualche check up ogni tanto per vedere se riescono a starle dietro. Se esiste un mestiere flessibile, nei più evoluti sistemi universitari del mondo, è quello accademico. A partire dai vertici.
Nel programma  alternativo per l' Italia di Micromega, anticipato da un articolo del Manifesto, si teorizza la cooptazione come il metodo più efficace (o meno peggio)  per selezionare i docenti. Un sistema che viene usato, con grande successo, da tutti i sistemi illegali, dalle mafie alle satrapie. In sostanza, gli esami li devono fare solo gli studenti, per i nuovi  professori basterà la conoscenza. Di chi li assolda.

11 nov 2011

La ruota e i maestri

E' incredibile come nell'era dell'accesso alla conoscenza, insegnanti e maestri in senso lato, nel nostro Paese, raggiungano il punto più basso della loro storia nella scala sociale. Per non parlare delle conoscenze cosiddette non formalizzate, dalle botteghe alle accademia ai lavori che necessitano di una lunga sapienza come l'agricoltura,  dove la scala è stata proprio tolta dalla società. Non rientrano in alcun piano, non rappresentano nemmeno manifatture da salvare, sono solo e sempre costi da abbattere. I talenti, in Italia,  si possono trovare solo con la ruota degli esposti, come i bambini abbandonati dell'Ottocento. Senza maestri, senza habitat, senza confronti. Secondo questi principi Silicon Valley sarebbe fatta solo di business plan e private equity, Stanford avrebbe già chiuso i battenti. Così come in Corea o in Finlandia le scuole di qualsiasi livello.
Insegnare nasce da imprimere e lasciare il segno. Ci vuole tempo e autorevolezza per farlo. Ed anche talento.  Questa epoca ha tolto quasi tutto ai maestri,  lasciamogli almeno il valore sociale e la dignità che si meritano. A meno che vogliamo rimettere le ruote degli esposti anche per gli adulti.

7 nov 2011

Le apps della politica

Con le proposte di Beppe Grillo (16), le 100 di Matteo Renzi, quelle (10) più istituzionali di Giavazzi e Alesina, per citare le ultime, l'idea di una visione della politica e di un futuro, con o senza crescita, rimane sospesa. Accedere al Terzo Millennio, dove scienze e conoscenze stanno portando (anche) una pioggia di soluzioni e di applicazioni già rodate, vuol dire riportare ogni scelta a una regia precisa e frutto di una elaborazione originale. Disuguaglianze, digital divide, didattica, diritti, per usare solo una lettera di un vocabolario dedicato al mondo che ci viene incontro, rimangono delle applicazioni, belle e anche utili, che fanno, però, fatica a girare senza un ancoraggio che ne metta in luce relazioni, progettualità ed anche complessità. Con sogni e bisogni dei cittadini al centro.
La maggior parte di queste apps possono anche essere condivise, il progetto e la sua narrazione se ci sono, quando ci sono, non arrivano mai. E i destinatari continuano a vedere il dettaglio, e non il quadro.

1 giu 2010

Ci sarà la crescita ?


Con Emanuele Pirella e Edmondo Berselli, Giampaolo Fabris rappresenta un'altra figura professionale che ho incrociato sul lavoro e che è venuta a mancare in questi primi mesi del 2010. A differenza degli altri due, di lui ho solo ricordi ufficiali davanti a committenti o in conferenze. Da universitario, invece, ho guadagnato i miei primi soldi come collaboratore della "sua" Demoskopea.
Mi ha sempre colpito la sua grande capacità affabulatoria e una scrittura vivace che, a volte, nascondevano le parti più acute dei suoi pensieri. Nella sua ultima intervista a Repubblica c'era una considerazione sul progressivo allontanamento tra curva del consumo e curva del benessere. Con una semplice affermazione inglobava l'esigenza di crescita, invocata da tutti gli economisti, e le varie teorie sulla decrescita, l'affacciarsi ad un millennio dove il benessere sarà inevitabilmente più sull'essere che sull'avere, dove tutti dovranno avere l'indispensabile ma, se cercheranno di avere tutto, la Terra non potrà reggerne il peso. In un momento cosi' difficile le risposte continuano ad essere stereotipate. Ci vuole la crescita, ma quale? Per tutti o per qualcuno? Si continuerà a calcolare solo la quantità? La curva del benessere sarà uguale in tutto mondo? E quella del consumo? Fabris ci ha lasciato il suo ultimo seme. Facciamolo crescere.

31 mag 2010

Settanta - Shangai - Stratos


Gli anni Settanta, secondo autorevoli intellettuali, sono i peggiori della nostra Storia recente, spesso collegati esclusivamente a un terrorismo feroce e assassino. Contemporaneamente, per me, sono stati gli ultimi anni di creatività del nostro Paese. Il miglior esempio di sintesi tra musica, testi, visione ma anche internazionalità, sensibilità sociale, design innovativo rimane il gruppo musicale Area che copre un periodo di non più di sei anni (1973- 1979). Con un frontman, Demetrio Stratos, passato, suo malgrado, alla leggenda. Che al posto di cercare soldi facili si spende nella sperimentazione vocale per poi morire prematuramente a 34 anni. Di questa storia c'è oggi un documentario, La Voce Stratos, che riesce a dare un punto di vista interessante degli anni Settanta. In questi giorni l' Italia ha portato all'Expo di Shangai quello che dovrebbe essere l'eccellenza del Paese. Un giornalista, tra i tanti, ha fatto un elenco sommario: auto di lusso, abiti, qualche opera d'arte, riproduzioni di capolavori (alcuni), pasta, olio e vino. Ma quanti Demetrio Stratos nel design, nella moda, nella musica, nella ricerca ci sono nel 2010? Vado controtendenza, molti. Basta volerli trovare, basta ritagliare loro uno spazio sui media, basta offrire qualche chance progettuale. Basta riconoscerli. Più che start up, partiamo dai talenti che già ci sono. Un' Italia contemporanea, non un' Italia che guarda la sua scia.

28 mag 2010

Gli esami dei ministri


La Banca d'Italia ci dice che il 24% degli studenti italiani proviene oggi dal 20% più ricco della popolazione e solo l'8% dal 20% più povero. Dall'altra parte un Ministro della Repubblica, con una abilitazione alla carriera forense conseguita a più di mille chilometri dal suo luogo di attività e la forza di un maglio, sta distruggendo la parte più qualificata della scuola, a partire da quella dell' obbligo. Senza peraltro migliorare il resto, già distrutto da altri Ministri alla Pubblica Istruzione negli ultimi 30 anni. Non contento propone uno slittamento della partenza del calendario scolastico al 1 ottobre, per favorire (?) il turismo. Edito dalla Università Bocconi Editore, Il mito degli uguali - John Dunn parla della democrazia degli uguali sotto l'ombrello dell'illuminismo e del mutamento della democrazia dove il voto crea il potere di un gruppo egemonico e non dei rappresentanti di autogoverno del popolo. Non è vero che la nostra cosiddetta élite non persegua metodi e ideali democratici. Semplicemente non li conosce. Non sa. Ignora. Perché ha saltato tutti gli esami. E anche per fare il ministro, si sa, gli esami non servono.

17 mag 2010

Milano - Cambridge, Italia - UK


Qualche mese fa mi è stato chiesto un articolo sui Nobel a Milano. Avendo una buona conoscenza di Cambridge (UK) ho provato a fare un parallelo con questa piccola città di centomila abitanti e le sue università che ne determinano la notorietà cercando di comprenderne il funzionamento, le differenze e i risultati straordinari (85 premi Nobel). Contro uno, Giulio Natta, e mezzo, Riccardo Giacconi, mezzo perché sedimentato e conseguito in America dove Giacconi vive dal lontano 1958. Il pezzo, Il software di Milano, ha un fondo di ottimismo e per questo ho ricevuto qualche doverosa critica. Qualche giorno dopo, sempre da Cambridge, mi è arrivato un report di Herman Hauser, un signore austriaco che è stato professore , industriale e oggi venture capitalist, in un percorso entropico frequente dentro la filiera della formazione della città.
Il report, era e oggi, con la vittoria dei Tories, non è più, per Lord Mandelson, Segretario di Stato. Il suo titolo è molto chiaro: The Current e Future Role of Technology and Innovation Centres in the UK. E ci fa capire l'altra parte della nostra differenza con il modello anglosassone.

12 mag 2010

Sulle qualità del mondo anglosassone


Creative Review, per chi non la conoscesse, è una rivista inglese che si occupa di creatività e di design intesi nel senso più ampio del termine. Dalla grafica alla tipografia agli allestimenti, dalla pubblicità ai film ai documentari. Fino a tutta la nuova progettazione per il mondo digitale. Quest'anno compie 30 anni, anzi li ha già compiuti a marzo. Questo mese, come tutti gli anni, produce una selezione dei migliori lavori in pubblicità, graphic design e visual communication. Sfogliandolo si ha una fotografia molto precisa del mondo anglosassone e della sua assoluta leadership in questi campi che poi rappresentano i media, l'industria, i servizi della nazione. Non so se nasceranno criteri che possano misurare il Pil (prodotto interno lordo) inteso come somma della qualità di un Paese. Qualcuno ci sta provando. Certamente, non essendo un economista, un annual come quello di Creative Review, in un anno non certo brillante, dà un quadro della contemporaneità e della visione del futuro della Gran Bretagna. Mi piacerebbe che tutti i tanti talenti del nostro Paese potessero avere lo stesso humus e le stesse chance che hanno i loro colleghi inglesi in questi campi, a partire dalla televisione.

7 mag 2010

Quanta disuguaglianza possiamo accettare?


Ci sono diverse teorie sull'etica, dall'utilitarismo al libertarismo oggi adottato dal liberalismo anglosassone, dall'egualitarismo al marxismo.
Ieri sera mi sono imbattuto in una puntata di Anno zero sui fenomeni corruttivi che hanno portato alla dimissioni di un Ministro della Repubblica. La parola etica non è mai stata pronunciata, la parola sociale o società neanche. La parola cittadino, neppure.
Il massimo della riflessione di una giornalista era chiedere maliziosamente come mai questi fatti fossero usciti adesso e non sei mesi fa, o tra sei mesi. Non domandarsi se il reato potesse essere avvenuto, su quale humus si inserisca, quali ricadute può avere la corruzione sulla qualità della vita dei cittadini che, di una democrazia, dovrebbero essere il cuore.
A prescindere, come diceva Totò.
Con un utilizzo sempre più improprio della parola politica. Che copre ambiti e comportamenti che con la politica nulla hanno a che fare.
Mi è tornato in mente un libro: Quanta disuguaglianza possiamo accettare? di due famosi ricercatori olandesi, Arnsperger e Van Parijs, il cui sottotitolo è Etica economica e sociale.
O forse la parola etica non può essere pronunciata in televisione perché troppo difficile?

28 apr 2010

Pilastri


Prima di diventare un Paese di poveri pieno di ricchi segnaliamo tre libri neanche freschissimi di stampa che, in qualche modo, hanno a che fare con i pilastri di una civiltà:
Tempi storici, tempi biologici - Enzo Tiezzi ristampato da poco da Donzelli.
La sostenibilità è, prima di tutto, passaggio di conoscenza.