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7 mag 2010

Quanta disuguaglianza possiamo accettare?


Ci sono diverse teorie sull'etica, dall'utilitarismo al libertarismo oggi adottato dal liberalismo anglosassone, dall'egualitarismo al marxismo.
Ieri sera mi sono imbattuto in una puntata di Anno zero sui fenomeni corruttivi che hanno portato alla dimissioni di un Ministro della Repubblica. La parola etica non è mai stata pronunciata, la parola sociale o società neanche. La parola cittadino, neppure.
Il massimo della riflessione di una giornalista era chiedere maliziosamente come mai questi fatti fossero usciti adesso e non sei mesi fa, o tra sei mesi. Non domandarsi se il reato potesse essere avvenuto, su quale humus si inserisca, quali ricadute può avere la corruzione sulla qualità della vita dei cittadini che, di una democrazia, dovrebbero essere il cuore.
A prescindere, come diceva Totò.
Con un utilizzo sempre più improprio della parola politica. Che copre ambiti e comportamenti che con la politica nulla hanno a che fare.
Mi è tornato in mente un libro: Quanta disuguaglianza possiamo accettare? di due famosi ricercatori olandesi, Arnsperger e Van Parijs, il cui sottotitolo è Etica economica e sociale.
O forse la parola etica non può essere pronunciata in televisione perché troppo difficile?

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